IN ABRUZZO COME IN AFRICA: COME AVVISTARE I “BIG FIVE” DELL’APPENNINO CENTRALE
Attraverso montagne aspre e selvagge, profonde vallate e immense faggete alla scoperta delle specie iconiche dell’area: l’Orso bruno marsicano, lupi, cervi, il camoscio appenninico e l’aquila reale
Pensavate che gli animali selvatici si potessero incontrare solo in Africa? Vi sbagliavate. Anche noi abbiamo i nostri Big Five. E se nel continente africano i Big Five sono il leone e il leopardo, l’elefante, il rinoceronte e il bufalo, anche l’Italia ha in Abruzzo un territorio aspro e selvaggio che accoglie cinque animali straordinari e selvatici: il lupo e il camoscio, il cervo e l’aquila reale e soprattutto lui, l’orso.
I quasi 500 chilometri quadrati dove il panorama del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise mescola montagne dal profilo tondeggiante e punte aguzze come quelle alpine, bagnandosi di acque che a causa del fenomeno carsico scorrono spesso in letti sotterranei e formano risorgive a valle, sono infatti il regno incontrastato di questi cinque animali, i più famosi di tutto l’Appennino e simboli indiscussi di una natura selvaggia e incontaminata che il Parco custodisce e tutela.
Alla scoperta del Parco di Abruzzo, Lazio e Molise
Il loro incontro, proprio come accade in Africa quando ci si trova al cospetto di un elefante o in silenzioso rispetto in attesa dell’arrivo del re leone, è un’emozione che in tanti rincorrono, spesso per tutta la vita. Ma per farlo, nel pieno rispetto delle loro abitudini etologiche e della loro conservazione, si deve essere disposti ad abbandonare macchina e motori, preferire le ore crepuscolari e soprattutto, abbracciare la regola del silenzio. Questo è quello che ci ha spiegato Umberto Esposito, guida naturalistica e fondatore di Wildlife Adventure che da anni accompagna i visitatori alla scoperta del Parco e alla ricerca, rispettosa, dei Big Five nostrani. «Vedere un orso in natura resta straordinario anche per noi guide. È quel tipo di avvenimento da annotare sul taccuino, che non si dimentica. E pensare che tutto può accadere a solo due ore di distanza da Roma o da Napoli, è straordinario».
Il viaggio nell’Appennino più selvaggio comincia a Pescasseroli, duemila abitanti in provincia dell’Aquila e punto di partenza per un itinerario alla scoperta della natura del Parco. «Il percorso conduce attraverso montagne aspre e selvagge, profonde vallate e immense faggete – spiega Esposito che ha dedicato tutta la sua vita a questo territorio. – Le montagne dell’Abruzzo interno appaiono come uno scrigno di biodiversità con abbondanti popolazioni di animali e piccoli villaggi, ancora caratterizzati da uno stile di vita tradizionale. Una zona che rimane ancora unica in Europa».
Trekking a tema per scoprire la natura
Ora che è arrivata la stagione ideale, quando la primavera incalza e a breve farà capolino anche l’estate, ci si può cominciare ad organizzare per il grande ed emozionante incontro.
«Lo scopo di questi trekking è esplorare la natura selvaggia dell’Appennino, seguendo le tracce dei grandi animali e imparando a muoverci correttamente sul campo». L’incontro, a debita distanza di sicurezza per entrambi, di orsi e lupi è ovviamente il grande obiettivo «ma non tralasceremo l’osservazione diretta di camosci, cervi e aquile reali».
Quindi partenza all’alba, armati di macchine fotografiche e binocoli. «L’orso marsicano poi è l’orso a più alto rischio estinzione: sulla Terra ne rimangono solo una cinquantina e sono tutti qui in Abruzzo. A volte si spostano dai confini del Parco ma le loro roccaforti sono tutte nel nostro territorio. Dopo il letargo invernale, e quindi dopo aver consumato le loro riserve di grassi, hanno bisogno di mangiare e quindi scendono a bassa quota in ricerca di erba. Per loro i verdi prati del fondovalle sono ideali. E anche per chi vuole avvistarli, pur da lontano e con i binocoli».
Alba e tramonto i momenti migliori
Anche la scelta dell’orario è fondamentale. «Le ore crepuscolari, alba e tramonto, sono le migliori per orsi e lupi. Camosci, cervi e aquile reali, invece, si avvistano più facilmente di giorno». La notte tutto riposa «e anche noi guide preferiamo rispettare i loro ritmi naturali, non vogliamo in nessun modo contribuire alla loro scomparsa». Parliamo ad ogni modo di animali selvatici che vivono assolutamente liberi, quindi, l’incontro non è scontato né garantito. «Per camosci e cervi gli avvistamenti sono praticamente sicuri – spiega Esposito. – mentre per l’orso il periodo migliore è l’estate: statisticamente una volta su tre riusciamo ad avvistarli, magari con binocoli e cannocchiali, anche se ci sono stati casi di incontri ravvicinati, molto emozionati. Per l’orso e il lupo in genere con un paio di ore di passeggiata si riesce ad arrivare a zone dove gli avvistamenti sono possibili. Invece per i camosci è necessario salire in alta quota, superando un dislivello dai 1300/1400 metri fino al 1900/2000 metri». Giornate impegnative ma i camosci appenninici sono una delle grandi ricchezze del Parco: ridotti a una trentina di esemplari tutti limitati alle vette della cosiddetta Camosciara, sono stati protetti e trasferiti permettendo all’attuale popolazione di raggiungere circa 3000 esemplari.
Discorso a parte per i lupi. Animale difficile da avvistare perché si sposta prevalentemente di notte, durante il giorno si rifugia nei luoghi più selvaggi ed inaccessibili del Parco. «I segni della sua presenza però sono più facili da riscontrare sul territorio: le orme molto simili a quelle di un grosso cane, ma disposte su un’unica fila e gli escrementi pieni di peli». A maggio scendono nel fondovalle e in estate salgono in alto, verso il fresco. «Ma gli avvistamenti son tanti: quest’anno abbiamo raggiunto l’80% con incontri quasi quotidiani». Il tutto sotto l’occhio vigile dell’aquila reale che volteggia indisturbata sulle vette più alte del Parco: abitatrice tipica delle creste di montagna più alte ed inaccessibili, è presente nel Parco con cinque coppie. «Nel Parco non è difficile avvistarla mentre sorvola il territorio alla ricerca di prede, rappresentate non solo da piccoli mammiferi o uccelli, ma anche da giovani camosci, scelti tra i più deboli ed ammalati che soccombono alla dura legge della selezione naturale».
Fonte: LA REPUBBLICA
Fotografie: © Umberto Esposito – Wildlife Adventures.