ABRUZZO, LE GRANDI CHIESE E ABBAZIE ROMANICHE
L’Abruzzo è tra le regioni italiane in cui l’arte romanica è fiorita più rigogliosa, e possiede un fascino tutto suo, peculiare; così, chi volesse dedicare una settimana a questa regione, magari prevedendo anche un breve passaggio nel vicino Molise, non avrà problema alcuno a riempire agenda e giornate. Ciascuno organizzerà la sua visita secondo un itinerario suo proprio; ma idealmente, l’Abruzzo romanico, con le sue chiese più belle, si visita percorrendo alcune direttrici ben chiare, che si intersecano tra di loro: la prima è la via delle grandi chiese isolate, di cui questa regione è ricca; ma si può percorrere la regione anche cercando ovunque le meravigliose decorazioni floreali e vegetali; la terza strada è quella degli amboni e dei cibori; la quarta, direttrice, infine, è quella degli affreschi, che dall’Abruzzo, disteso tutto tra appennini e Adriatico, conduce fino alle coste del mar Tirreno.
L’Abruzzo romanico è terra di chiese, terra di grandi chiese e di grandi abbazie. San Liberatore alla Maiella, Santa Maria Assunta a Bominaco, la possente basilica di San Clemente a Casauria, San Clemente al Vomano a Notaresco, ma anche San Giovanni in Venere a Fossacesia, San Tommaso a Caramanico e la concattedrale di San Pelino a Corfinio – che sono le realizzazioni più belle – si inseguono e si sfidano con le loro moli notevoli. Queste grandi chiese romaniche d’Abruzzo hanno come caratteristica l’elegante linearità: la struttura è massiccia, ma allo stesso tempo semplice, priva di articolazioni evidenti e quasi classica: le navate filano via – salvo quella di Casauria, divisa in due – come grandi sale ordinate, lungo cui si allineano pilastri, molto semplici e uguali, più spesso che colonne, e che culminano nel presbiterio e nell’abside; assenti o pressoché ininfluenti i transetti, le coperture sono in legno, a capriate; e così, a movimentare questi interni, sono quasi solo i due elementi di arredo che, come vedremo, costituiscono per la loro presenza costante una peculiarità abruzzese: gli amboni, lungo la navata; e poi, nel presbiterio, il ciborio a baldacchino a coprire l’altare. Ci torneremo.
Prima, però, è doveroso un accenno alla via delle rigogliose decorazioni floreali. Rosoni di foglie come corone d’alloro, e grandi fiori: sono questi i protagonisti, qui in Abruzzo, della decorazione scolpita. A Santa Maria in Valle Porclaneta sono ancora quasi simboli grafici, ma poi si fanno veri e propri festoni di foglie e petali a disegnare cerchi continui, e si inerpicano come edera negli stipiti dei portali e negli architravi, salgono e scendono intorno agli ingressi e intorno alle aperture dei muri. Davvero, prima ancora di essere la terra degli omini verdi impigliati nelle foreste di pietra, l’Abruzzo romanico è il regno delle spirali di foglie e delle grandi corolle sbocciate nella pietra.
Poi tra il Tirreno e il Gran Sasso – lo dicevamo – è tutto uno susseguirsi di amboni e di cibori. E questa terza direttrice, a sua volta, ha due strade parallele: la prima ci presenta pergami squadrati e decorati a girali e fiori – l’ambone di Casauria, quello di San Pelino, quello di San Liberatore, quello di Bominaco… -; la seconda ci offre invece meravigliosi amboni e meravigliosi cibori realizzati in stucco nel segno di Roberto, Ruggero e Nicodemo: un tratto più popolare, più pittoresco, e insieme più sottile, riempie di tralci sottili e intrecciati, e di omini nudi e di animali, i pulpiti di Santa Maria in Valle Porclaneta, quello di Moscufo, e ancora quello di Cugnoli; compagni di viaggio di questi pulpiti con girali popolati di piccoli uomini e animali sono i cibori di San Clemente al Vomano, di Rosciolo, di Capestrano, di Casauria; e qui, spesso sui capitelli, si incontrano i mascheroni che vomitano fronde, altra figura caratteristica di questa fase della scultura romanica abruzzese. Più rara la scultura descrittiva, che ci lascia poche scene istoriate sul portale a Fossacesia; sull’architrave del portale di Casauria va in scena una grande rappresentazione del potere, e su quello di Caramanico troviamo gli Apostoli piccoli e arrabbiati; indimenticabili sono infine le storie gemelle del profeta Giona, nei pulpiti di Moscufo e di Rosciolo; qui a Santa Maria in Valle Porclaneta, ancora, vediamo le lastre alla base dell’iconostasi, con i loro splendidi animali fantastici. Capitelli? Uno, strepitoso e dalla storia stranissima, si trova a Moscufo; altri, particolarissimi, a Rosciolo, tra cui quello con il leone che dà le terga; e a Casauria, nel grande portico; ma l’Abruzzo, tutto sommato, non è terra di capitelli istoriati.
La via degli affreschi, infine. Due cicli vasti estesi e tardi stanno uno a Ronzano, ancora romanico, e uno nella piccola cappella di San Pellegrino a Bominaco, questo però datato alla metà del XIII secolo e privo ormai di vigore, e troppo lindo per non esser definito ormai gotico. E’ particolarissimo, con la sua “cena” che invece è una visione, l’arco trionfale di San Pietro ad Oratorium a Capestrano… Ma per chi cerca la pittura dei secoli alti, del tempo before Chartres, il viaggio in Abruzzo non può non sconfinare in Molise: nell’area archeologica di San Vincenzo al Volturno si veda – aperta ora solo la domenica, e solo su prenotazione! – la splendida “cripta di Epifanio”, con i suoi affreschi altomedievali (ed è forte, giunti qui, la tentazione di attraversare gli Appennini per giungere a Ventaroli, e alla sua Madonna in trono, e infine a Sant’Angelo in Formis e al suo prezioso ciclo di pitture altomedievali).
Una chiesa particolarissima, infine, sembra non essere toccata da nessuna delle quattro rotte che, come abbiamo visto, traversano l’Abruzzo romanico. Perla tra le perle, infatti, San Pietro in Albe ad Alba Fucens non è una grande chiesa, non fa sfoggio dei tipici decori e rilievi vegetali, che siano a fiori o pieni di omini nudi; ha un ambone – è vero – che però sembra appartenere a Roma più che all’Abruzzo; e non possiede affreschi, né antichi né tardi. E però è splendida, e il suo interno, candido e classico, è tra i più belli che il medioevo ci abbia lasciato.